Aspetti fiscali del commercio elettronico di beni fisici

In questo capitolo prenderemo in esame gli aspetti fiscali del commercio elettronico indiretto, ossia della vendita tramite Internet di beni fisici.

Il commercio elettronico indiretto (vendita di beni fisici) presenta delicati risvolti di carattere doganale e fiscale.

Le procedure fiscali di vendita si differenziano in funzione:

  • della tipologia del soggetto acquirente (consumatore finale B2C o operatore economico B2B)
  • del Paese di invio dei beni (Italia, Paese UE o Paese extra-UE)
  • della natura dei prodotti oggetto dell’operazione (prodotti diversi da quelli sottoposti ad accisa o prodotti sottoposti ad accisa, come ad esempio bevande alcoliche e tabacchi).

L’argomento verrà esaminato tenendo presenti le differenziazioni sopra indicate.

Per quanto riguarda i prodotti sottoposti ad accisa l’analisi sarà limitata al vino e alle altre bevande alcoliche.

3.1 - Scelte operative a disposizione dell’impresa

Per l’impresa che intenda vendere i propri prodotti mediante internet, le principali soluzioni a disposizione sono le seguenti:

  • utilizzo di un  negozio virtuale messo a disposizione da un'impresa specializzata (“Market-place”); ad esempio: E-BAY, AMAZON, ALIBABA, Etc.;
  • attribuzione in outsourcing della gestione del proprio sito a un’impresa specializzata: ad esempio, nel settore dell’abbigliamento, YOOX (oggi YNAP - Yoox Net-a-Porter);
  • utilizzo di un .proprio sito Internet

Normalmente, nel caso delle PMI,  si incomincia con la prima soluzione e poi, se la cosa funziona, si passa alla seconda o alla terza soluzione.

Facendo l’ipotesi che una PMI intenda avvalersi di un negozio virtuale tipo AMAZON, le procedure operative a disposizione variano a seconda del Paese di invio dei prodotti.

Vendita di prodotti nei confronti di consumatori finali italiani

La procedura tipica è così sintetizzabile: 

  • Stipula del contratto con Amazon: 

Negozio virtuale;
Deposito a custodia (giacenze minime obbligatorie); 
Logistica
Gestione incassi; 

  • Invio della merce nel magazzino indicato da Amazon, come previsto dal contratto di deposito: emissione di DDT specificando che si tratta di invio in base a contratto di deposito;  
  • Il cliente accede al sito Internet (negozio virtuale), acquista la merce e paga mediante carta di credito;  
  • Amazon cura la consegna della merce;
  • Amazon, periodicamente, emette fattura per l’addebito dei propri servizi:  

Commissione sulle vendite on line;
Corrispettivo per il servizio di deposito e per il servizio logistico;
Corrispettivo per la gestione degli incassi;
Etc.   

  • L’impresa venditrice accede al proprio negozio virtuale e ottiene le informazioni riguardo alle merci vendute;  
  • L’impresa venditrice annota i corrispettivi incassati nel registro dei corrispettivi.


Vendita di prodotti nei confronti di consumatori finali di altro paese UE

Tre possibili modalità:

1) Deposito in Italia: servizio “Rete logistica europea”;
2) Deposito/i in altri Paesi Ue (a scelta dell'impresa italiana): servizio “Inventario internazionale”;
3) Depositi in tutti i Paesi Ue in cui vi siano clienti attuali o potenziali (l’inventario viene distribuito in tutta l’Unione Europea, in funzione della domanda prevista): servizio “Programma Paneuropeo di Logistica Amazon”

  • Con la prima soluzione: obbligo di apertura della posizione Iva da parte dell’impresa venditrice nel Paese o nei  Paesi dei consumatori, solo in caso di supero della soglia annuale (prevista da ogni singolo Paese) o per opzione (come verrà delineato nei paragrafi successivi);   
  • Con la seconda e la terza soluzione: obbligo di apertura della posizione Iva da parte dell’impresa venditrice nel Paese o nei Paesi di localizzazione dei depositi e, in caso di supero della soglia annuale (prevista da ogni singolo Paese), nei Paesi dei consumatori (ove questi siano localizzati in Paesi diversi da quelli dei depositi).

Nel caso di vendita di bevande alcoliche (vino, birra, etc.) l’apertura della posizione Iva nel Paese del consumatore è sempre obbligatoria; occorre, inoltre, adempiere a quanto previsto dalla normativa accise.

Vendita di prodotti nei confronti di consumatori finali di paese extra-UE

  • Compitiattribuibili ad Amazon:

Negozio virtuale;
Deposito a custodia (giacenze minime obbligatorie),
Logistica;
Gestione incassi; 

  • Compiti spettanti all’impresa italiana venditrice: gestione degli aspetti doganali e fiscali.

1. - Commercio elettronico di beni fisici escluse le bevande alcoliche

Le procedure fiscali e doganali di vendita si differenziano, come già accennato, in base alla tipologia di acquirente e in funzione del Paese di invio dei beni. Prenderemo dunque in esame il commercio elettronico di beni fisici a consumatori finali e a operatori economici, entrambi analizzati rispetto alle possibili destinazioni.

1.1 - Vendita di beni a consumatori finali

Le procedure fiscali di vendita a consumatori finali si differenziano in funzione della destinazione dei beni: Italia, Paese UE o Paese extra-UE.

Vendita a consumatori finali italiani

       Le vendite relative al commercio elettronico indiretto effettuate in Italia sono esonerate

  • dall’obbligo di emissione della fattura, salvo che la stessa sia richiesta dal cliente, non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (art. 22, c. 1 del Dpr 633/1972)
  • dall’obbligo di emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale (art. 2, c. 1, lettera oo, Dpr 696/1996).                   
    In pratica, sonoesclusedall’obbligo di certificazionedeicorrispettivi.

Sul punto la Risoluzione n. 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate afferma che “Ai fini Iva, la vendita online di beni materiali con spedizione della merce tramite vettore o spedizioniere (c.d. commercio elettronico indiretto) é assimilabile alla vendita per corrispondenza con conseguente esonero dall'obbligo di certificazione fiscale, fermo restando l'obbligo di registrazione dei corrispettivi ai sensi dell'art. 24 D.P.R. n. 633 del 1972”.

Tali concetti sono stati ribaditi dalla Risposta a interpello del 19 Giugno 2019 n. 198.

Poiché il cliente può chiedere l’emissione della fattura, è necessario che il sito Internet dell’impresa venditrice sia predisposto in modo tale che sia possibile, per l’acquirente, effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari per la fatturazione, tra i quali il suo codice fiscale. A partire dal 1° gennaio 2019, la fattura (se richiesta dal cliente al momento di effettuazione dell’operazione) deve essere emessa in modalità elettronica con sua trasmissione allo SDI.
Al riguardo si osserva che l’articolo 22, comma 3, del Dpr n. 633/1972, afferma che:
“Gli imprenditori che acquistano beni che formano oggetto dell'attività propria dell'impresa da commercianti al minuto ai quali é consentita l'emissione della fattura sono obbligati a richiederla”.
Al riguardosiosservaquanto segue:

  • Nel caso di punto di vendita fisso volto a vendere prodotti a consumatori finali (ad esempio, supermercato), il cliente operatore economico, se si tratta di prodotti oggetto dell’attività propria dell’impresa, deve chiedere l’emissione della fattura;
  • Nel caso della vendita on line, è da ritenere che prevalga la regola generale circa l’obbligo da parte del venditore di predisporre due diverse procedure, una per la vendita a consumatori finali e l’altra per la vendita a operatori economici.

Il venditore si limita ad annotare i corrispettivi giornalieri delle vendite, Iva compresa, nel registro dei corrispettivi (art. 24 del Dpr 633/1972).
L’annotazione deve essere eseguita entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione. Valgono altresì le disposizioni recate dal DM 11 agosto 1975, in tema di maggiore termine di registrazione per i soggetti che si avvalgono di sistemi informatici (cfr. Risoluzione n. 228/E del 6 giugno 2008). L’operazione si considera effettuata all’atto della consegna o della spedizione dei prodotti, salvo che anteriormente venga eseguito il pagamento del corrispettivo o venga emessa fattura. Nel caso di utilizzo della carta di credito, il pagamento del corrispettivo si considera effettuato quando il cliente inserisce i dati della sua carta di credito nel formulario informatico messo a disposizione dall’impresa venditrice e, cliccando il tasto invio, dispone il pagamento.
Se, a richiesta dei clienti, sono state emesse fatture immediate, i relativi importi (al lordo dell’imposta) devono essere compresi nell’ammontare complessivo giornaliero; sul registro dei corrispettivi è però necessario indicare: “comprese le fatture dal n. al n. (Circolare 3 del 15 gennaio 1973 dell’Agenzia delle Entrate)”. In sede di liquidazione periodica l’importo dell’Iva sulle vendite viene ottenuto scorporando l’Iva dal totale dei corrispettivi annotati.
 

L’articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 prevede al comma 1 che “A decorrere dal 1° gennaio 2020 i soggetti che effettuano le operazioni di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, memorizzano elettronicamente e trasmettono telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri. La memorizzazione elettronica e la connessa trasmissione dei dati dei corrispettivi sostituiscono gli obblighi di registrazione di cui all'articolo 24, primo comma, del suddetto decreto n. 633 del 1972”.
Lo stesso articolo stabilisce che le predette disposizioni “si applicano a decorrere dal 1° luglio 2019 ai soggetti con un volume d'affari superiore ad euro 400.000” e che “Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere previsti specifici esoneri dagli adempimenti di cui al presente comma in ragione della tipologia di attività esercitata”

Per il momento, le imprese, riguardo all’attività di commercio elettronico non sono obbligate a monitorare i dati dei corrispettivi giornalieri e a trasmetterli all’Agenzia delle Entrate.

In presenza di vendita di beni soggetti ad aliquote d’imposta diverse, è possibile adottare una delle seguenti soluzioni:

  • eseguire l’annotazione dei corrispettivi distinguendo gli stessi secondo l’aliquota applicata;
  • riguardo ad alcune tipologie di prodotti, nel rispetto delle condizioni previste, eseguire l’annotazione dei corrispettivi senza distinzione per aliquote, con successiva ripartizione degli stessi in sede di liquidazione in proporzione degli acquisti (cd. “ventilazione”, Dm 24 febbraio 1973).

Alla luce delle considerazioni sopra delineate, in caso di impresa italiana che ceda i propri beni (mediante internet):

  • sia a consumatori finali (commercio al minuto);
  • sia a operatori economici (commercio all’ingrosso);

è necessario, pur nell’ambito della medesima attività, adottare procedure distinte:

  • Vendita a consumatori finali: commercio al dettaglio; registro dei corrispettivi (ed eventualmente registro delle fatture emesse); emissione fattura a richiesta del cliente;
  • Vendita a operatori economici: commercio all’ingrosso; registro delle fatture emesse; fatturazione obbligatoria.   

Non mancano comunque imprese che preferiscono non operare tale distinzione procedurale, emettendo, volontariamente, fatture elettroniche nei confronti della propria clientela, indipendentemente fal fatto che si tratti di consumatori finali o di operatori economici.
In tal caso l’impresa deve annotare le fatture emesse sul registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 del Dpr n. 633/1972.
Nel momento in cui anche le imprese che svolgono attività di commercio elettronico saranno tenute a memorizzare e a trasmettere i dati dei corrispettivi giornalieri, è da ritenere che le imprese che hanno volontariamente scelto di emettere fattura elettronica potranno continuare ad adottare tale procedura.

Nel caso di reso di merce (ove non sia stata emessa la fattura di vendita) il venditore è abilitato a rettificare in meno l’Iva dovuta solo se è possibile individuare il collegamento tra la vendita originaria e la successiva restituzione della merce.
Nella Risoluzione 274/E del 5 novembre 2009 dell’Agenzia delle Entrate viene affermato che, a tale scopo, il venditore deve tenere i documenti dai quali risultino:

  • le generalità del soggettoacquirente
  • l’ammontare del prezzorimborsato
  • ilcodice di bene ceduto
  • ilcodice di reso.

Inoltre, mediante la corretta tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino, in sede di verifica fiscale, deve essere possibile rilevare la movimentazione fisica del bene che è stato oggetto di restituzione.
Sembra ragionevole ritenere che la procedura sopra indicata possa essere espletata anche nel caso di imprese non tenute alla contabilità di magazzino.
Ove, invece, sia stata emessa fattura di vendita, l’impresa venditrice è abilitata a recuperare l’Iva addebitata mediante emissione di nota di variazione in diminuzione, secondo quanto previsto dall’art. 26 del Dpr 633/1972.
La gestione dei resi non presenta invece particolari problemi nel caso di emissione a richiesta o volontaria di fattura elettronica. In tale evenienza, l’impresa cedente si limita ad emettere nota di variazione elettronica (Tipo documento: TD04).

Vendita a consumatori finali di altri paesi UE

La Direttiva 2006/112/CE (artt. da 32 a 34) fissa la regola generale in base alla quale, nel caso di cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore, dall’acquirente o da un terzo, dall’Italia ad altro Paese UE, l’operazione si considera effettuata nel Paese di partenza. La Direttiva prevede poi una deroga riguardo alle cessioni in ambito UE di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto nei confronti di consumatori finali o di soggetti ad essi assimilati (enti non commerciali non soggetti passivi d’imposta, soggetti passivi d’imposta per i quali l’Iva è totalmente indetraibile e agricoltori in regime speciale Iva).
Nella vendita a consumatori finali, o a soggetti ai medesimi assimilati, di altro Paese UE, occorre distinguere tra due situazioni:

  • se si tratta di beni non sottoposti ad accisa, occorre ulteriormente distinguere a seconda dell’ammontare dei corrispettivi dei beni venduti, nel corso di un anno solare, nel singolo Paese membro considerato:
    sino a una determinata soglia (variabile a seconda del Paese UE di destinazione), l’operazione si considera effettuata nel Paese di partenza e si applica l’Iva del Paese di partenza (salvo opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di arrivo)
    oltre tale soglia l’operazione si considera effettuata nel Paese di arrivo e occorre applicare l’Iva del Paese di arrivo
  • se, invece, si tratta di beni sottoposti ad accisa, l’operazione si considera sempre effettuata nel Paese di arrivo con il conseguente obbligo diapplicare l’Iva del Paese di arrivo.